
Biowatching a 4 zampe, 16 settembre 2023 — Com’è andata
Biowatching a 4 zampe, 16 settembre 2023 — Com’è andata questa passeggiata con il cane osservando la natura. Con la Guida Francesco Mezzatesta.
Articolo di FRANCESCO MEZZATESTA, fondatore di Natour Biowatching, pubblicato su “Italia Libera” – N°40 luglio 2023 – Giornale digitale di informazione e partecipazione attiva, https://italialibera.online/
Immagini di Gabriella Motta [ @gabmot ] e da Italia Libera.
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Italia libera Magazine di luglio 2023
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L’istinto della tartaruga, la forza della natura. La Ue lo ha capito (l’Italia no): ecco una legge per il ripristino degli habitat.
Erano quasi le 11 di sera di qualche anno fa quando sulla spiaggia di Campo nell’Elba cadevano ombrelloni e venivano spostate sdraio. Fenomeno strano per chi come noi sulla spiaggia era abituato ad avvertire solo il soffio della brezza marina ma quella sera non soffiava un filo di vento.
Scoprimmo così che la “sfasciaombrelloni” era una tartaruga di mare (Caretta caretta) che, spinta da una irresistibile spinta riproduttiva, risaliva la costa sabbiosa facendosi strada anche se questa era occupata da strutture balneari. L’istinto, una volta approdata a terra, la portava ad allontanarsi dalla battigia per andare più in alto a scavare una grande buca dove deporre le uova e così fece una volta scelto il punto giusto.
In questi casi, forse per un senso di colpa legato al fatto che l’uomo occupa ogni spazio naturale, scattano i soccorsi e la buca- nido viene subito recintata e protetta da associazioni e autorità fino alla nascita dei tartarughini e per i quali si realizzano addirittura corridoi dedicati perché una volta sbucati dalla sabbia possano dirigersi senza ostacoli verso il mare.
Il problema di fondo però continua ad esistere attraverso l’occupazione senza limiti di ogni spazio naturale costiero. Questo perché non viene considerato l’ecosistema se non come uno spazio destinato esclusivamente alla balneazione.
La trasformazione antropica degli ecosistemi siano agricoli, forestali, fluviali o urbani non conosce limitazioni e per questo la Commissione europea ha varato una proposta di legge denominata “Nature restoration law” con lo scopo di ripristinare almeno il 20% di ecosistemi terrestri e marini entro il 2030 e recuperare tutti gli altri che necessitano di azioni di ripristino entro il 2050.
Il Governo italiano si è schierato contro, preoccupato soprattutto degli interessi di chi pratica agricoltura intensiva. Il parlamento europeo ha comunque approvato il piano, sia pure con qualche emandamento. Salvaguardare parti di ambienti costieri, agricoli e forestali ripristinando una percentuale di habitat naturali non favorirebbe solo un recupero di biodiversità ma contribuirebbe al raggiungimento dei target di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Per quanto riguarda il restauro degli ecosistemi marini il compito sarebbe facilitato dalla natura stessa dei luoghi a condizione di non occuparli completamente favorendo al contempo un ripristino “passivo”, lasciando cioè parti di costa non occupata dall’uomo alla sua naturale evoluzione.
Rinascerebbero allora parti di dune, si formerebbero piccoli stagni, la vegetazione pioniera delle coste ricoprirebbe di biodiversità la linea costiera e le tartarughe marine avrebbero lo spazio per risalire le spiagge e deporre le uova senza dovere “abbattere” ombrelloni.
Con l’approvazione definitiva della Nature Restoration law l’Unione Europea si è data uno straordinario strumento di recupero degli ecosistemi degradati. È immaginabile che tutto il mondo non solo ambientalista ma anche delle tante persone che hanno a cuore la biodiversità abbia fatto il tifo per l’approvazione di questa normativa rivoluzionaria e che, nel programma di ripristino, uno spazio di linea costiera sia destinato anche a loro: le tartarughe che vengono dal mare.
Sono le statistiche di un massacro. Di tartarughe marine “rare”, prezioso tassello di un ecosistema ricco e complesso, che finiscono vittime come “effetto collaterale” della pesca. Ogni anno, nel Mar Mediterraneo, il Wwf stima che siano attorno alle 150mila le tartarughe che vengono catturate involontariamente da sistemi di pesca. Di queste, ne muoiono 40mila. E in Italia la stima è di 25mila esemplari intrappolati dalle reti a strascico.
Il Mediterraneo ospita tre specie di tartarughe marine:
la tartaruga comune (Caretta caretta)
la tartaruga verde (Chelonia mydas)
e la ancora più rara tartaruga liuto (Dermochelys coriacea).
Sono tutte specie a rischio di estinzione, minacciate da tre fattori: la pesca aggressiva,
Sull’uso delle reti a strascico nel Mediterraneo Bruxelles ha messo a punto un progetto di pesca sostenibile, che prevede un graduale abbandono da questo sistema così impattante sull’ambiente, tra 7 anni (la deadline è ancora una volta 2030) e per giunta come obbiettivo non vincolante, e solo nelle aree protette.
Nonostante tutte queste limitazioni e distinguo, l’attuale governo di centrodestra affianca la protesta delle associazioni dei pescatori, contrarie a un piano che – sostengono quest’ultime – “ci porterà alla totale dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di prodotti ittici”. Il vicepremier Matteo Salvini si è schierato dichiarando che “la Lega è orgogliosamente al fianco dei lavoratori contro i nuovi divieti immaginati da Bruxelles”.
Ma i divieti “immaginati” (e infatti non vincolanti) che Bruxelles vuole proporre, sono davvero un pericolo per il comparto dei lavoratori italiani della pesca? I numeri del settore, nel nostro Paese, sono: settemila addetti e duemila pescherecci; con la pesca a strascico che riguarda 400 pescherecci e metà dei ricavi. Quello che sfugge a chi vuole conservare lo status quo è che la pesca sostenibile è il modo migliore per tenere in salute il comparto negli anni a venire, assieme a tutte quelle politiche certo limitanti – come il fermo biologico per consentire la riproduzione dei pesci – che però nei fatti consentono a non depauperare eccessivamente il patrimonio ittico del Mediterraneo.
E, oltretutto: lo status quo non suggerisce i numeri che potenzialmente potrebbe avere la pesca in una penisola come l’Italia, dove l’80% del pesce viene importato, con una spesa complessiva di 5 miliardi di euro l’anno (mezzo miliardo per il solo tonno acquistato dall’America.
Una politica “sostenibile” potrebbe rendere più pescoso il nostro mare.
Articolo di FRANCESCO MEZZATESTA, fondatore di Natour Biowatching, pubblicato su “Italia Libera” – N°40 luglio 2023 – Giornale digitale di informazione e partecipazione attiva, https://italialibera.online/
Immagini di Gabriella Motta [ @gabmot ] e da Italia Libera.
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