Sono i primissimi fiori che fanno capolino tra la vegetazione secca. Le loro foglie, di un verde intenso, sono apparse già da tempo. I fiori sbocciano alla fine di gennaio, ma si notano poco per il loro colore prevalentemente verde. Noti già nell’antichità sono protagonisti di miti e leggende. Si riteneva che potessero guarire dalla pazzia, Paracelso ne usò le foglie per un elisir di lunga vita, D’annunzio li nominò nella “Figlia di Iorio”, “Vammi in cerca dell’Elleboro nero, che il senno renda a questa creatura”. Fino a pochi anni fa venivano usati in medicina popolare come revulsivo e rubefacente nella cura di artriti e reumatismi (come i moderni cerotti che scaldano la parte dolorante), ora non più, per la loro velenosità e perché troppo “drastici”. Ancora più precoce dei nostri è l’ Helleborus niger, la “Rosa di Natale”, prevalentemente alpino, che ho trovato fiorito ai primi di gennaio (salendo ai Corni di Canzo, sopra Lecco).